Le contraddizioni del sistema di Orchestre Venezuelano di Abreu
LEGGI LA PRIMA PARTE DELL’ARTICOLO: “STORIA DEL SISTEMA DI ORCHESTRE VENEZUELANO”
Il Sistema del Venezuela, se guardato disincanto, mostra un’incredibile numero di contraddizioni tra i suoi propositi e i reali risultati ottenuti. Il Sistema rappresenta infatti al meglio l’inversione dell’archetipo del musicista classico come genio elitario, cercando di creare un ponte, attraverso il linguaggio universale della musica di Mahler e Mozart, tra ricchi e poveri, Sud America ed Europa, adulti e bambini. Rappresenta nell’immaginario mediatico europeo il coronamento dell’idea romantica di emersione del talento nonostante l’oppressione sociale e per i ragazzi venezuelani un nucleo del Sistema può essere il trampolino di lancio per il mondo.
Tuttavia se si guarda con occiho critico al Sistema ci si scontra con un’incredibile numero di contraddizioni. Il Sistema è variopinto e complesso e proprio per la sua eterogeneità e la sua costante evoluzione (Carvajal e Melgarejo 2009) è paradossalmente difficile da pensare come un “sistema”. Sebbene si sia mantenuto nel tempo un flusso coerente di risposte alla domande “cosa c’è la fuori”, che cosa c’è “qui dentro” e “chi dobbiamo essere noi per far fronte a entrambe le domande”, nel corso della loro implementazione i principi più alti in gerarchia sono risultati a volte completamente stravolti nella loro attuazione. Cosa promuove veramente questa politica socio-culturale?
Società e cultura secondo beneficiari, insegnanti e burocrati
Al di là dello stupore momentaneo che può suscitare il fatto di vedere suonare Wagner o Mahler da bambini di quindici anni, si tratta di un programma sociale che ha cercato di stabilire un modello educativo e sociale per beneficiare bambini e giovani di tutto il paese, in particolare quanti dispongono di risorse economiche limitate. Un servizio della BBC datato 19 agosto 2007 recita: “il 90% dei suoi membri (del Sistema) provengono dai settori economici più vulnerabili, dove storie di deperimento fisico ed emotivo, abusi di droga e reati, sono problemi di tutti i giorni”. E ci sono gruppi speciali dedicati all’inclusione, come il Centro Jets, dedicato ai bambini di strada che sono stati vittime di abusi e abbandono, tuttavia certamente non tutti i musicisti delle due Simón Bolívar Orchestra provengono da famiglie povere, anzi, quasi il 70% vengono dall’interno del Sistema e sono stati educati nei vari nuclei e moduli ma non provengono da famiglie emarginate (Rivera e Dominguez 2007).
Si stima che più di due milioni di bambini siano passati dal Sistema dal 1975 as 2007 (Cuesta 2007). I tassi di crescita più alti si sono concentrati tra il 2000 e il 2007 (oltre il 20%) specialmente in regioni con un medio o basso indice di sviluppo umano come Sucre, Guárico, Trujillo y Yaracuy. Questo ha permesso al Sistema di raddoppiare quasi le sue matricole in quel periodo (passando dai 100.000 beneficiari del 1999 ai 245.343 del 2006), il 67% dei quali provenienti dagli strati più poveri della popolazione.
Nonostante gli alti numeri, non esiste un meccanismo di inclusione esplicita ed è variabile la tendenza di diversi progetti all’interno del Sistema stesso a sviluppare un carattere inclusivo (come i progetti per portatori di handicap) oppure meritocratico (come l’accesso all’orchestra principale e la partecipazione alle tournée). Tali differenti criteri di accesso ai progetti mostrano parecchi margini di ambiguità (sia in un senso sia nell’altro) se confrontati con le categorie, per esempio, di “uguali diritti per tutti”. La complessità della domanda dei beneficiari risulta anche in altri contesti, per esempio Buonos Aires (Wald 2009) dove due orchestre giovanili a Buenos Aires caratterizzate dalla medesima direzione musicale sono state create, per volere delle famiglie, con attenzione diversa agli aspetti culturali e a quelli sociali delle attività. Le ambiguità riguardano gli stessi funzionari (amministratori e insegnanti) ben al di là di ogni ricerca di centralismo da sempre perseguita nella struttura. Essi infatti attribuiscono molti e diversi significati concreti alle direttive ricevute. Sebbene per tutti i funzionari (sia i burocrati sia gli insegnanti) le attività si svolgono all’interno della polarità cultura-società, evidenziando due qualità diverse delle relazioni che i progetti devono produrre, ci sono almeno due modi diversi di agire, dall’interno e dall’esterno, le stesse politiche del Sistema.
Gli amministratori del programma affermano che El Sistema è principalmente un programma sociale volto alla produzione di comunità più sane e non un programma culturale per la formazione di musicisti, e sostengono che in fin dei conti non si può tanto facilmente dicotomizzare tra i progressi sociali e culturali (Uy 2012). Dal punto di vista degli amministratori, l’accento sulla quantità e i numeri è stato perseguito per accondiscendere alle richieste dei donatori e delle istituzioni pubbliche, o perlomeno per mostrare loro un crescendo nelle dimensioni e nel numero dei nuclei (anche a discapito dell’eccellenza artistica, che è tra l’altro meno quantificabile come misura).
Descritto invece da una ex insegnante che lavora ancora a Caracas, il problema è al contrario proprio che per i funzionari “si tratta di un sistema basato sulla quantità, un sistema per suonare, suonare e suonare e provare e provare e provare. Non vi è alcuna sensazione di individualità. E’ troppo un processo di quantità, la quantità. Sì, alcuni aspetti sono veramente buoni, ma altri, no. Voi siete parte di una macchina, è davvero triste, ma questo è ciò che accade.” (cit da Uy). Secondo alcuni insegnanti dunque il problema è proprio che per questi burocrati non è troppo importante la qualità musicale delle relazioni che si instaurano, ma piuttosto la loro quantità. Ed essi lamentano di conseguenza che il maggior numero di studenti per insegnante, la diminuzione della quantità di tempo e di attenzione individuale che possono dare agli studenti e l’aumento del numero di iscrizioni senza espansioni di accompagnamento portano a una diminuzione della qualità musicale.
La divisione tra insegnanti e amministratori si articola soprattutto sul piano individuale-collettivo dell’educazione (identificando il collettivo con la società e l’individuale con la cultura). L’idea di fondo è che il Sistema funzioni (o non funzioni) in base al numero di studenti coinvolti. Ed in effetti anche Uy conclude, in linea con i dilemmi storici dell’educazione musicale della tradizione occidentale, che gli insegnanti del Sistema adottano un frame che li porta a considerare quel che accade sull’asse individuo-collettività, cercando o di far calare il rapporto n.studenti/n.insegnanti. Dal lato dei funzionari, invece, la tendenza è quella di far aumentare tale rapporto. E vi è anche un’altra tendenza: quella ad aumentare la capacità di inclusione, a prescindere dal livello musicale, dei progetti musicali stessi.
Un caso virtuoso, una best practice ormai usata in tutto il mondo, da menzionare riguardo all’inclusione, in parte scisso dal programma principale di attività delle orchestre del Sistema, è invece quello del Programma di Educazione Speciale riservato ai disabili creato nel 1995 dal professor Jhonny Gomez con l’idea di integrare anche i portatori di handicap nella società attraverso la musica. Il Programma è oggi frequentato da più di 700 bambini ed attuato negli stati di Aragua, Falcón, Trujillo, Mérida, Lara, Yaracuy, Nueva Esparta, Sucre, Miranda, Vargas, Tachira, Guárico e il Distretto Capitale. L’educazione musicale di questi bambini e dei giovani è in gran parte basata sul verbale, la pratica strumentale e il movimento, e l’obiettivo è quello di prepararli ad essere membri delle orchestre e dei cori.
Di questo programma fanno parte anche i Coros de Manos Blancas, il progetto principale del Programma di Educazione Speciale, creato nel 1999 dal professor Naibeth Garcia. L’idea è quella far riconquistare il diritto di partecipazione e pari opportunità a quei venezuelani che per generazioni sono stati segregati dalla società a causa del loro handicap. Esso è composto di due aree: la gestualità, praticata per lo più di bambini e giovani con disabilità uditive che utilizzano guanti bianchi o colorati (a seconda del brano da interpretare); la seconda area è riservata a bambini e giovani con disabilità visive e cognitive, difficoltà di apprendimento e autismo. Ci sono dodici progetti di Coros de Manos Blanca attivi nel 2012: Barquisimeto, Merida, San Felipe, Duaca, Margarita, Pueblo Llano (Merida), Aroa, Coro , Dungeon e San Cristobal Carora.
Il Sistema e il mercato del lavoro
L’immagine che gli europei hanno di queste orchestre non è sempre appropriata. Nonostante il volontarismo sia alla base di tutte le attività, esiste una distanza critica tra gli attori che partecipano e l’immagine istituzionale e mediatica del Sistema. Da un lato il Sistema rappresenta se stesso in una visione essenzialista e romantica, dipingendo l’orchestra come un mondo semplice e armonico di bambini poveri che amano suonare e che, al grido “tocar y luchar”, sconfiggono la propria stessa emarginazione sociale e culturale. Si considera dunque sempre troppo poco che sono molti i genitori che vedono nel Sistema un’occasione per far guadagnare qualcosa ai loro figli sia durante lo studio (ottenendo una borsa) sia iniziandoli a una carriera come musicisti professionisti.
Tuttavia, sebbene la possibilità lavorare, dentro e fuori il Sistema, come musicista fosse uno dei motivi che più animano chi suona nel Sistema, quando è nato non c’era una vera e propria categoria di insegnanti e molti giovani musicisti sono riusciti a far carriera sfruttandone la possibilità di evitare i canali ufficiali per passare da dilettante a professionista come interni (Hollinger 2006), ma il modello e il contesto sono radicalmente cambiati nel tempo.
E oggi, sebbene il Sistema abbia contribuito a formare numerosi talenti sono una ristrettissima minoranza quelli che trovano lavoro, perché rispetto al passato di Ewell (1984) sono molte di più le orchestre giovanili ma non quelle professionali di stampo europeo e perché emigrare e trovare borse di studio resta comunque molto difficile. Gli esiti dell’internazionalizzazione rendono più evidente il problema di conciliare il suonare in orchestra con il mercato del lavoro. Anche se si tratta di una politica di inclusione sociale e molti studiano per lavorare, a volte, anziché produrre musicisti professionisti e curare il loro inserimento nel mondo lavorativo, il Sistema può portare a riprodurre diseguaglianze e gerarchie (anche indirettamente) riducendo, e non ampliando, la sua azione come sistema di trattamento dell’uguaglianza.
Anche se molti genitori sono convinti che iscrivere il proprio figlio al Sistema sia un modo per garantirgli possibilità di carriera e di vita (Uy 2012), il meccanismo principale di finanziamento dei musicisti è quello della borsa di studio. Oggi nelle due orchestre professionali del Sistema ci sono tre livelli: musicista di fila (fisso, l’orchestra non avrà audizioni per quel posto se non richiesto dal Direttore Musicale), praticante (chi è accettato a partecipare e potrà un giorno far domanda per la fila) e “becarios” “(ossia gli studenti che non hanno ancora un livello sufficiente per poter aspirare al praticantato). Sebbene tali categorie e i relativi stipendi siano i medesimi in tutte e due le orchestre, il numero di musicisti non è lo stesso. Ci sono meno di 80 musicisti che suonano nell’orchestra A (a fronte di 250 stipendiati) mentre 120 nella “B” (su 150 dipendenti). Lo stipendio di un professionista è più del doppio della borsa di apprendistato destinata ai praticanti (nel 2007 era di quattro milioni di bolivares contro un milione e 500 mila della borsa di studio dei praticanti).
Per molte persone, sia in Caracas sia in provincia, il Sistema è stato un modo per ricevere un pagamento dunque per trasformare (avendone la possibilità) la propria vita non solo dal punto di vista cognitivo, ma anche da quello lavorativo. Il Sistema ha offerto a queste persone la speranza di professionalizzare il proprio apporto al progetto comune. Tuttavia le borse di studio, specialmente quelli che dopo anni di istruzione sono alla ricerca di sbocchi professionali, si sono spesso rivelate un boomerang e un ostacolo, che anziché favorire l’inserimento nel mondo lavorativo dei musicisti, ha favorito la riproposizione di un rapporto asimmetrico di potere all’interno di un Sistema. Infatti, la maggior parte delle cause legali al Sistema riguarda il pagamento delle prestazioni sociali connesse a quelle lavorative (come per esempio vacanze, assicurazioni, rimborso per trasporti, arretrati non pagati). Tra queste, se da un lato la maggior parte delle cause intentate da funzionari e da insegnanti ha avuto esito positivo, è invece molto raro che questo avvenga per i borsisti.
Il motivo è dunque nella struttura formale del Sistema. José Ascanio ha suonato dal 1991 al 2006 per l’Orquesta Sinfonica de los Llanos Occidentales. Dopo tutto questo tempo ha fatto domanda per vedersi riconosciuto il pagamento delle prestazioni sociali. La Fondazione di riferimento dell’orchestra ha però negato in modo totale che José stesse lavorando, argomentando che la Fundación para la Orquesta Sinfónica de los Llanos è un ente senza fini di lucro e che come tale ai sensi dell’art. 65 della Ley Orgánica del Trabajo, non fosse da ritenersi un lavoro (Decisión da Juzgado Primero de Primera Instancia de Juicio del Trabajo, con competencia para el Régimen Procesal Transitorio da Portuguesa (Extensión Guanare), da 12 Marzo 2009 Numero di Fascicolo: PP01-L-2007-000278).
Il tribunale indagò. Innanzitutto stabilì che effetti da cui si mostra un rapporto di lavoro sono la subordinazione, la dipendenza e il pagamento. Dunque per confutare l’esistenza di un lavoro sarebbe stato necessario verificare l’assenza di almeno uno di questi elementi. Ascanio era un cornista pagato dalla Fondazione ma anche presso l’Istituto di Cultura dello Stato portoghese, dove lavorava nella banda Banda José Antonio Páez dalle 8 alle 11 del mattino il Martedì, il Mercoledì e il Giovedi e la Domenica dalle 5 alle 7, guadagnando uno stipendio di 889,16 B più alcuni premi (per un totale di 989,16 B) e godendo di tutti i benefici contenuti nella “Ley Orgánica del Trabajo y cláusulas de la IV contratación colectiva”. Attualmente in servizio nella stessa banda, il musicista non indica un numero esatto di ore ore che suona per lavoro, tuttavia la Corte ha considerato il rapporto in essere poteva essere inquadrato in un programma poiché diversi testimoni hanno detto che le prove duravano due ore, due ore e mezzo al giorno, a seconda di quanto gli amministratori ritenevano fossero sufficienti.
Presso l’orchestra Llanos invece secondo la stessa Fondazione Ascanio suonava dalle 18 alle 21 il lunedì e il venerdì ma egli era pagato con una borsa di studio, che è stata valutata in proporzione al suo sostegno al progetto e non al numero di prove (dunque in modo fortemente discrezionale). Secondo la Fondazione il musicista stava eseguendo saggi e per quello gli è stata concessa la borsa di studio. Il processo nel caso vide il suo esito a favore della Fondazione. Il problema che pone la motivazione del giudice è che le borse di studio non sono un istituto lavorativo.
Altri casi si sono conclusi invece con sentenza favorevole al musicista, come nel caso di Juan Carlos Mejias contro l’Orquesta Sinfonica de Carabono (Decisión nº 24.948 da Tribunal Primero de Primera Instancia de Juicio para el Régimen Procesal Transitorio del Trabajo da Carabobo (Extensión Valencia), del 09 Agosto 2005, numero di Fascicolo: 24.948): la sentenza si basò sul carattere dell’istituzione (una fondazione senza fini di lucro) e sulle caratteristiche del lavoro (che deve essere prestato per ragioni di tipo etico o di interesse sociale), riconoscendo, nonostante la sussistenza della prima condizione, la mancanza della seconda: il fine sociale deve essere caratteristica del lavoro prestato (e suonare non lo è) e non dell’ente per cui si lavora.
In ogni caso, all’interno del Sistema, anche se le orchestre nazionali giovanili sono oltre 130 (e quelle per bambini 60), esistono solo due orchestre “professionali”: la Sinfónica Simón Bolívar, chiamata anche Bolívar “A”, e la Sinfónica de la Juventud Venezolana Simón Bolívar, o Bolívar “B”, entrambe con sede a Caracas. Ma l’unica orchestra che viaggia ed effettua le tournée internazionali del Fesnojiv è la Bolivar “B” mentre la “A” non lascia il paese da oltre dieci anni. Quasi tutti i musicisti che compongono le fila della Bolivar “A” sono insegnanti del Sistema e l’orchestra apre posizioni solo quando qualcuno dei suoi membri lascia. Ciò ha condotto ben presto alla creazione dell’orchestra B, nata ancora all’epoca dell’ONJV, quando i suoi membri hanno cominciato a diplomarsi e a cercare opzioni di lavoro nelle accademie e tra i professionisti. Per Norma Nunez, ex viola di quel gruppo, la nuova orchestra era la risposta del a musicisti in volo per Caracas per studiare nelle Università e nel Conservatorio: “La Simon Bolivar era, per al momento, l’unica orchestra professionale appartenente al Sistema e tutti i giovani cercavano di entrare nei suoi ranghi. Ma, purtroppo, non è stato possibile e la stessa orchestra ha espresso riserve verso di noi. Per questo è stata creata, nel 2001, l’orchestra B”. Ma non si poteva continuare all’infinito, dunque ci si è fermati alla B.
Ciò significa che un musicista, formato in uno qualunque dei nucleos, che vuole integrarsi come professionista deve trasferirsi nella capitale e competere per un posto nella Bolivar A o la Bolivar B. Sono le due migliori orchestre del Paese. Ci sono poi altre quattro orchestre collegate con il Sistema (la Filarmonica Venezuela, la Gran Mariscal de Ayacucho, Venezuela Symphony e l’Orchestra della città di Caracas), ma una volta usciti dal Sistema è difficile accedervi di nuovo e “se si lascia il Sistema si può non suonare mai più per nessuna orchestra appartenente al Fesnojiv” spiega Nunez “L’ho vissuto”.. Infine ci sono altre 21 orchestre filarmoniche o sinfoniche (le prime municipali o regionali le seconde nazionali e finanziate dallo Stato), per un totale di ventisette orchestre professionali in tutto il Paese. E in Venezuela come in tutto il mondo, per entrare in queste orchestre è necessaria un’audizione. Ottenere un posto in una di queste orchestre è un’occasione rara e preziosa.
Se non c’è spazio in Venezuela per chi vuol fare il musicista e all’interno del Sistema e in generale in Venezuela non ci sono abbastanza orchestre professionali per i battaglioni di musicisti emergenti che vengono dalle centinaia di nuclei, la soluzione potrebbe essere emigrare, per lavoro o per essere ammessi nei Conservatori stranieri e di ottenervi una borsa di studio. Ad esempio Carlos (21 anni), membro dell’Orchestra Sinfonica Simon Bolivar per un anno, sta pensando di lasciare. Per lui la migliore delle orchestre nazionali del Sistema non è sufficiente, anche se in un primo momento il suo sogno di fare il percussionista per questo gruppo stava prendendo forma. Ora vuole andare a studiare all’estero e far parte di un’altra orchestra e appena conclusa la Boheme al Teatro Teresa Carreño è partito per una tournée all’estero con la Sinfónica de la Juventud Venezolana.
Eppure appaiono in difficoltà soprattutto i borsisti all’estero come John, che è venuto in Europa alla ricerca di un futuro da musicista professionista. Alla già tradizionale diffidenza dell’occidente verso i musicisti sudamericani si aggiunge una difficile convivenza con il passato trascorso nella Simon Bolivar Orchestra. Uno degli esiti dell’istituzionalizzazione del Sistema è stato infatti che, a quei musicisti venezuelani che ricevono una borsa di studio per l’estero, spesso viene preclusa la possibilità di lavorare in altre orchestre poiché legati in esclusiva alla realtà d’origine. Questo non solo limita l’acquisizione di ulteriori mappe cognitive, più adatte al diverso contesto in cui si trovano, ma produce la sensazione che il Sistema non sia solo un’opportunità, ma un vincolo che, nella competizione anche se solo con i “marchettari” europei, li pone in grande svantaggio (di solito in Italia solo i grandi teatri come la Scala vincolano all’esclusiva gli orchestrali). Un sussidio si trasforma, o include in sé, un limite.
Sono questi studenti tra le persone più critiche nei confronti del Sistema stesso: “Noi che abbiamo sostenuto la creazione dei nucleos volontariamente ci siamo sbagliati… Internamente il Fesnojiv è uno Stato in cui regnano il culto della personalità e la creazione di vacche sacre. Ha creato una sorta confraternita o di setta chiamata grande famiglia che sopporta ineguaglianze e abusi sul lavoro con rassegnazione”. Eppure nonostante tutto, come John e Carlos, la maggior parte dei bambini e dei giovani delle orchestre create e organizzate dal Fesnojiv sogna ancora di partire.
La musica etnica e la tradizione classica e nazionalista
L’orientamento nazionalista delle politiche culturali venezuelane di oggi non le differenzia in modo significativo da quanto accaduto durante la IV Repubblica. Formalmente, sin dagli inizi della rivoluzione bolivariana i principi orientativi sono stati infatti quelli di consonanza con le principali idee che muovono gli attori globali, focalizzati sui principi di uguaglianza, diversità, democratizzazione della cultura, rispetto delle minoranze, relazione cultura-sviluppo e valorizzazione del patrimonio culturale tangibile e intangibile. Tuttavia, almeno in campo musicale, poco è stato fatto in questo senso, soprattutto per quanto riguarda l’inclusione della musica etnica e dei suoi strumenti nei repertori musicali (fatta eccezione per i cori) del Sistema.
Il Venezuela conta una ricchezza etnica straordinaria, anche relativa agli strumenti tradizionali, che hanno visto crescere la loro importanza nella accademie solo per un breve periodo tra gli anni ’60 e ’70 e, più recentemente nel Sistema di Abreu e nel parallelo movimento corale di Alberto Grau (il responsabile di tutta la parte corale del FESNOJIV). Il movimento sinfonico fu coinvolto negli anni tra il 1982 e il 1984 in un progetto di formazione di orchestre di strumenti latinoamericani per l’esecuzione e la composizione di musica tradizionale e musica nuova.
Nel 1982 nacque in Venezuela l’Orchestra di Strumenti Lationamericani (ODILA) grazie all’Istituto Americano di Etnomusicologia e Folklore (INIDEF), all’ONJV e al compositore ed etnomusicologo Emilio Mendoza. Isabel Aretz dell’INDEF e Abreu concepirono l’orchestra come un progetto di celebrazioni del bicentenario della nascita di Simon Bolivar nel 1783. Sebbene non si fossero mai eseguiti in Venezuela composizioni nuove per strumenti etnici, l’INDEF ospitava una vasta collezione di strumenti etnici provenienti da tutta l’America Latina.
Dopo il bicentenario il progetto ODILA venne però sostanzialmente abbandonato sia dall’INDEF sia dall’ONJV. Il progetto, che aveva visto l’acquisto di strumenti da tutta l’America Latina, quattro mesi di prove e lezioni per permettere ai membri di imparare a suonare gli strumenti, lo sviluppo di di nuove composizioni per questa singolare orchestra, si materializzò nel bicentenario il 12 febbraio 1983 al Teatro Teresa Carreño di Caracas, alla presenza del Presidente della Repubblica, Ministri, ufficiali militari e altre figure di rilievo del paese. Ma l’ONJV e l’INDEF ridussero i professori d’orchestra ad un gruppo ristretto di una decina di musicisti. In seguito disaccordi e incomprensioni circa la conservazione e le assicurazioni degli strumenti originali (culminate nell’annullamento di una tournée ad Amsterdam prevista per il 1985) portarono l’ODILA a costiture una propria associazione con una propria personalità giuridica e a sospendere completamente l’attività di insegnamento della musica etnica all’interno del Sistema, insieme ad altre due tournée previste per gli anni successivi.
L’ODILA proseguì la sua strada, dando vita ad un gruppo più piccolo e con le composizioni di uno dei suoi membri, al preciso scopo di offrire ai compositori stessi una base strumentale alternativa a quella degli strumenti europei sinfonici. L’ODILA ha, nel momento del distacco dall’ONJV, sempre più voluto porre il folklore musicale latinoamericano al centro delle proprie attività, non intendendo il nazionalismo come una forma di patriottismo etnico o regionale, ma come una sorta di globalismo latinoamericano contrapposto alla musica classica occidentale.
All’interno del Sistema l’idea di praticare la musica etnica fu ripresa solo nel 1999, ma prevedendo, a differenza del passato, l’esecuzione orchestrale di musica tradizionale venezuelana (come joropos e merengues) e l’incorporazione alle orchestre di gruppi ibridi per concerti specifici e solisti (Mendoza 2000). L’orchestra faceva insomma da “piattaforma sinfonica” a questi ensemble misti che includevano: Arcano: Oboe, violín, cuatro, guitarra y contrabajo; El Cuarteto: Flauta traversa, cuatro, guitarra, contrabajo; Gurrufío: Flauta traversa, oboe, maracas (desde 1998, anteriormente mandolina con Cristobal Soto), cuatro, contrabajo; Onkora: Flauta traversa, mandolina, cuatro, guitarra, contrabajo; Omar Acosta Ensamble: Flauta traversa, cuatro, mandolina, contrabajo; Caracas Sincrónica: Clarinete, Guitarra, mandolina; El Trancao: Piano, cuatro y contrabajo; Saúl Vera y su Ensamble: variable, incluyendo bandola, mandolina, vientos madera, bajo eléctrico/contrabajo, cuatro, guitarra, percusión venezolana/batería.
Oggi pochi musicisti nel Sistema si dedicano a questi strumenti, preferendo quelli tradizionali sinfonici, tanto che nel Sistema del nuovo millennio molto poco del repertorio che eseguono le orchestre del sistema è venezuelano: le orchestre professionali venezuelane dedicano quasi tutta la loro programmazione al repertorio straniero (Mendoza 2000). Ciò nonostante molti giovani che iniziano la loro esperienza musicale nel sistema non rinuncino ad eseguire musica folklorica con gli strumenti sinfonici. Le politiche del Sistema sulla musica etnica trovano spazio principalmente grazie ad attività strumentali sporadiche oppure nei cori, la faccia “nascosta” delle orchestre.
Nel movimento corale è successo infatti il contrario che nelle orchestre: il repertorio della maggior parte dei gruppi, siano essi professionali o amatoriali, include una vasta gamma di brani del folkore locale e caraibico (e in minor grado composizioni originali). Per l’esecuzione corale la maggior parte dei cori usa strumenti folklorici per gli accompagnamenti (spesso effettuati da combinazioni di mandolini, chitarre, maracas, charrasca, furruco y tamburi, a seconda del genere). E l’attività corale compie dunque una funzione di diffusione diretta e indiretta della musica tradizionale, avvalendosi nella maggior parte dei concerti del supporto di strumenti etnici.
Questa è una caratteristica costante dei cori venezuelani (indipendente dalle politiche via via attivate), dovuta al fatto che tale tradizione conta molti casi di polifonia ma pochi casi di scrittura con accompagnamento strumentale. E la tendenza si determina già grazie e V. E. Sojo e si basa principalmente su accordi e arrangiamenti, ma molto poco su composizioni originali (anche se ovviamente ci sono delle eccezioni, come il caso di Federico Ruiz e del succitato Alberto Grau, il percussionista, compositore e direttore di coro che da sempre affianca Abreu nel suo progetto, e di Cristian Grasse, che nel 1999 scrisse una piéce per coro, orchestra sinfonica e strumenti etnici dal titolo “Silako Ueya”).
Le politiche in fatto di minoranze etniche del Sistema sono molto interessanti perché segnano un tratto distintivo e peculiare del Venezuela (come rilevato anche a proposito dei tentativi di estendere il Sistema effettuati dalla Confederazione Andina di Fomento CAF) relativamente alle politiche sudamericane sullo stesso tema. Rispetto ad altri paese ugualmente e dichiaratamente “bolivariani” come la Bolivia, che ha approvato riforme costituzionali in senso di emancipazione delle etnie tradizionali (inserendo tra l’altro oltre 36 lingue precoloniali tra quelle ufficiali), il Venezuela si è sempre distinto per il suo forte nazionalismo e tale tendenza sembra perdurare anche nell’era Chavez.
Il caso della musica etnica nel Sistema è un buon esempio di come le politiche sul rispetto delle minoranze, non certo considerate un problema pressante, trovino spazio solo ai margini delle politiche ufficiali. Ma è anche un esempio di un diverso frame all’interno del quale intendere la musica e il suo esser veicolo di valori, nel caso quelli nazionali o di qualche particolare cultura.
Infatti, se in Venezuela la composizione musicale ha incluso la produzione di intento nazionalista, lo ha fatto in modo del tutto peculiare. Da un lato, con il Sistema di Abreu, all’interno di un campo tradizionalmente occidentale: la musica per l’orchestra sinfonica classica. Dall’altro, sebbene non vi siano ancora scuole di musica etnica o corsi attivati nel Sistema, ed ovviamente non si possa paragonare la produzione in termini di numero di pezzi con la nazione nel suo complesso, continua ad esistere l’ODILA e negli ultimi trentacinque anni del secolo scorso solo trentaquattro compositori venezuelani hanno scritto uno o più pezzi con strumentazione etnica (per un totale riportato da Mendoza (2000) di 102 opere, pochissime se paragonarle all’intera produzione musicale venezuelane, ma con un trand in aumento rispetto al passato).
Se anche di recente l’uso di strumenti tipici gruppi regionali o etnici, per quanto limitato e non espressamente incentivato da nessuna politica ad hoc, è tornato (dalla porta di servizio, per così dire) anche nel Sistema di Abreu, sono ancora presenti due diversi frame di agire la musica con scopi culturali e nazionalistici. Il primo, quello di Abreu, si basa sulla nazione politica e istituzionale e al suo interno le culture popolari andrebbero inquadrate all’interno di un discorso su cui fondare la “venezuelanità”, dunque per ciò che hanno di simile tra loro e con il nazionalismo venezuelano; il secondo frame, quello dell’ODILA, si basa invece su una forma di etnicismo locale e allo stesso tempo panamericano, fa riferimento al dialogo tra le culture e alle loro particolarità e non si identifica come sviluppo culturale l’accesso ai valori di una cultura supposta universale.
La partecipazione e la governance locale dei nucleos
A differenza del metodo Suzuki, il metodo venezuelano assicura, insieme alla presenza costante nella vita musicale dell’alunno dei grandi classici della musica, anche un forte vincolo con le sue pratiche collettive, sia attraverso le lezioni orchestrali e l’importanza data ad esse, sia tramite frequenti recital e concerti per il pubblico delle stesse comunità.
Per questo il coinvolgimento delle famiglie nei programmi del FESNOJIV è spesso argomentata come fondamentale e la maggior parte dei nucleos ha “Sociedades de Padres o Representanti”. Queste società sono perlopiù informali e volontarie e indipendenti dal Sistema ma cercano di riempire le lacune dei programmi e avviare quelle azioni che esso non riesce a intraprendere.
I genitori si sono auto-selezionati per affrontare i problemi e scelgono di aiutare nei modi che sanno fare, riflettendo su ciò che può contribuire al programma e poi agendo in base alle loro competenze per eseguire il compito. Possono cercare, con degli espedienti, ad esempio cambiare lampadine, pulire gli spazi prove o imbiancarli, organizzare eventi o rinfreschi per il dopo-concerto e feste per gli studenti, aiutare nell’organizzazione degli studenti più in generale. Nel Sistema oggi, queste Sociedades de Padres sono una parte importante, per quanto non prevista originariamente, del complessivo funzionamento del programma. E la realizzazione di self-empowerment e il senso di autoefficacia hanno rafforzato l’aspetto comunitario di ciascun nucleo e la convinzione delle famiglie di essere non solo destinatari della politica, ma anche attori della stessa.
Queste associazioni sono state create originariamente da genitori, di solito madri casalinghe, che hanno voluto restituire a El Sistema qualcosa in cambio dell’istruzione dei propri figli, ma non vedono la partecipazione di tutti. Un genitore ha spiegato origini dell’organizzazione a Uy (2012): “La società dei genitori emerse per l’iniziativa e il desiderio dei genitori di avere un modo di contribuire all’orchestra… Noi cerchiamo di coinvolgere i genitori che possono e vogliono aiutare di più, per esempio con la pittura dell’edificio o la pulizia e la riparazione dei bagni, il fissaggio delle lampade. In ogni modo possibile, questo è quello che possiamo fare.”
Tuttavia il fatto di mettere in gioco tali interessi locali se da un lato applica un modello di intervento sociale di diffusione del potere di controllo e implementazione delle politiche, dall’altro in un contesto di forti squilibri rischia di perpetrarli. I genitori e gli sponsor che si possono permettere il finanziamento diretto di un nucleo (fin quasi come in alcuni casi del 95% delle spese) potranno esercitare su di esso un certo controllo, o perlomeno avere un ruolo attivo in esso, proprio in virtù del loro finanziamento. Ma i rischi sono alti se l’apertura di nuovi nuclei non segue dunque principi di selezione geografica delle aree a seconda di particolari necessità economiche.
Quella assegnata a questo tipo di progetti è una preferenza “se privilegia el hecho de pertenecer a zonas populares sobre las que tienen un nivel socioeconómico alto” (Salvador 2009), in altre parole se non esiste alcuna discriminazione positiva dei territorio in cui intervenire, la cui ubicazione risulta anzi dipendente da un procedimento di auto-selezione e prestazione di servizi basati su quanto richiesto dalla comunità stessa e quanto la comunità può offrire. E i rischi sono che se nei quartieri ricchi i genitori e alcuni sponsor privati possono permettersi il lusso di aprire un “nucleo” (Chacao), a pochi chilometri di distanza un altro nucleo povero (Baruta) deve lottare per poter continuare a mantenere le concessioni statali sui luoghi per le prove e i concerti. L’apertura di nuovi nuclei non rispondente a scelte politiche focalizzate unita al fatto che l’amministrazione finanziaria dei nucleos è affidata in gran parte ai nucleos stessi rischia di riprodurre le differenze sociali in essere anziché lavorare efficacemente sulla loro eliminazione.
Esistono associazioni complesse, promotrici di eventi di raccolta fondi per contribuire economicamente alla vita del nucleo, aiutare nel trasporto gli studenti, provvedere a particolari necessità musicali o all’acquisto delle divise, ecc… Ma oltre che cambiando lampadine infatti i genitori possono anche impegnarsi in forme di self-empowerment ben più strategiche, giocando un ruolo cruciale che influenza direttamente la vita dei loro figli e se stessi.
Un’importante caratteristica strutturale e organizzativa a lungo termine del Sistema è infatti che si avvale di un supporto finanziario da parte sia pubblica sia privata, sia nazionale (a livello della Fondazione principale) sia a livello locale (programmi, nucleos, coordinamenti di nuclei, fondazioni locali). Anche i governi locali, affianco a quelli nazionali, hanno fornito finanziamenti pubblici al programma, motivandone la necessità sociale ai loro funzionari. E per incentivare il finanziamento locale ai programmi del Sistema sono stati illustrati alle società private come altrettanto importanti della sanità e dei servizi igienici, poiché ovunque c’è un nucleo c’è anche un ambiente migliore per l’attività economica, in aggiunta alle pubblicità positive per le aziende.
Enti locali come quello di Chacao a Caracas hanno dunque investito nel sistema per garantire che la loro comunità di afferenza e gli studenti avessero un Nucleo. Chacao, uno dei più ricchi quartieri finanziari in tutta l’America Latina, fornisce il 90% dei costi del suo nucleo in cambio della condivisione da parte del Sistema della sua esperienza e del know-how di amministrazione e didattica della musica. Il restante 10% del nucleo di bilancio è fornito da una società privata, Corpbanca. Essa specifica il suo contributo in borse di studio, o per lo studio domestico o per le tournée internazionali.
Società private, come Corpbanca in Chacao, hanno visto il loro investimento in un nucleo “ricco” come un’opportunità anche di vantaggio economico diretto, perché là dove si crea un mercato è più facile condurre attività di business. Oltre alle borse di studio, un altro modo in cui le aziende possono fornire sostegno ai nucleos è offrendo spazi per gli uffici oppure in cui le orchestre possono provare o eseguire concerti. Ad esempio, il piano seminterrato della sede Corpbanca aziendale è anche un l’esecuzione arti teatrali dove si tengono spesso concerti a pagamento. Ciò tuttavia aumenta la dipendenza di tali nucelos dai loro finanziatori privati, conferendo loro da un lato autonomia (dal FESNOJIV), dall’altro dipendenza (dagli stessi finanziatori).
Non tutti infatti se la passano bene come Chacao. Anzi, molti nucleos per gli stessi motivi, ossia un forte decentramento, sono lasciati soli e rischiano spesso di non avere, specialmente nei quartieri più poveri, il necessario supporto economico e infrastrutturale per proseguire le loro attività. Il Nucleo Baruta (un’altra municipalità di Caracas a poche centinaia di metri di distanza, in un barrio sicuramente più povero) ha una programmazione annuale che comincia in gennaio e finisce in dicembre (fatto salvo le vacanze scolastiche) ed è convenzionato con il Municipio di Baruta stesso: alcuni maestri, i tutor musicali, il personale per le pulizie, il trasporto dei circa 200 bambini che ricevono educazione gratuita e la vigilanza della Concha Acustica sono finanziati dal Municipio. La Concha Acustica è sia il luogo dei recital e degli spettacoli dell’orchestra e dei suoi cori sia quello delle attività del nucleo, per cui il Servicio Autónomo de Arte y Cultura (l’assessorato municipale alla cultura per dirlo all’italiana) stanzia ogni anno fondi anche per gli strumenti e i materiali musicali (nel 2012 per un monte totale di circa 3 milioni di euro).
Nel maggio 2012 a Baruta il Comune ha però ricevuto notifica di abbandonare entro 15 giorni la Concha Acústica de Colinas de Bello Monte, poiché l’Istituto Nacional de Vivienda non ha intenzione di rinnovare il contratto di comodato d’uso (iniziato nel 1991 dall’allora sindaco Gloria Capriles e scaduto nell’aprile 2011).
Al momento (luglio 2012) il Sindaco di Baruta ha difeso tale utilizzo, obiettando che il contratto è da intendersi rinnovato per accordo tacito nel momento in cui all’Orquesta Municipal de Baruta non è stata notificata alcuna richiesta di sospensione in passato e ancora oggi vi si stanno svolgendo numerosi concerti. Nel contratto si segnala che il comodato può rinnovarsi previo accordo delle parti nei tre mesi precedenti alla scadenza. Pertanto l’INAVI avrebbe dovuto manifestare le sue intenzioni nei primi mesi del 2011.
In questi due casi, separati da poche centinaia di metri, la differenza è enorme. E fa temere che in condizioni di forti disuguaglianze la partecipazione dei privati e degli attori locali (specialmente se basata su forme di volontarismo senza pianificazione) possa tradursi in una riproposizione di asimmetrie sociali già in atto piuttosto che alla loro eliminazione. Sebbene includere i genitori nell’attività dei nucleos, così come la partecipazione delle comunità locali (in particolare quelle dei genitori) e degli attori privati, sia un atto in direzione della partecipazione auspicata con la rivoluzione bolivariana, un meccanismo si regge sull’autoselezione favorisce le asimmetrie di potere.
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